Oggetto della devozione, ma anche della superstizione popolare, San Cesario è uno dei personaggi dell’immaginario dei vastesi. Conservate in una teca in vetro esposte nella cripta realizzata sotto l’altare di Santa Maria Maggiore alla metà dell’Ottocento su progetto di Nicola Maria Pietrocola, le spoglie del martire sono addobbate con le vesti di un soldato romano, con tanto di elmo, calzari e gladio.
Lo scheletro non è adagiato, come solitamente avviene quando le reliquie del martire vengono poste in una teca, ma appare seduto, appoggiato ad un cuscino e quasi nell’atto di alzarsi. Il volto è ricoperto da un sottile velo, un tempo forse dipinto con lineamenti umani. Il capo è cinto da una corona di fiori e da un’aureola in filo di ferro. Le braccia sono sollevate: la sinistra regge l’ampolla vitrea con il sangue, mentre la destra la palma del martirio.
I più anziani sono legati alla figura di San Cesario nel ricordo degli anni della Seconda Guerra Mondiale.
In quel periodo in molti, durante le difficoltà e i combattimenti, si rifugiarono in cripta per pregare e per chiedere la liberazione dalle atrocità del conflitto. Il fatto poi che la liberazione di Vasto avvenne nel novembre del 1943 subito dopo la festa di San Cesario rappresentò un segno dell’intercessione del martire per la città e per questo motivo molti bambini, nati nel dopoguerra, portarono il suo nome che rimane oggi uno dei più tipici della città.

Le reliquie del martire furono trovate nel cimitero di San Castulo situato lungo l’attuale Via Casilina in Roma. Sembra che sulla lapide non vi fosse scritto il nome del defunto, ma solo una epigrafe che riportava le parole “Zetarius Cubicoli Diocletiani Augusti”, ovvero “Cameriere di Diocleziano”. Il nome “Cesarius” potrebbe derivare proprio da una omofonia con il titolo lavorativo del martire, passando da Zetarius a Cesarius, ma secondo alcuni lo stesso nome potrebbe essere stato attribuito al martire in onore di Cesare Michelangelo d’Avalos, che donò le reliquie alla chiesa in cui era stato battezzato il 3 novembre 1695.
I vastesi da generazioni lo considerano protettore contro i terremoti, di cui pare sia un premonitore. Una leggenda, infatti, dice che il santo, originariamente disteso nel suo sepolcro, si alzi di qualche grado ogni volta che un terremoto stia per abbattersi sulla città, in modo da avvisare i suoi fedeli e spingerli a mettersi in salvo. Questo sarà possibile fintanto che il Santo non assumerà una perfetta posizione da seduto. A quel punto non ci sarà più nulla da fare, poiché il destino della città sarà segnato e un terremoto la distruggerà completamente.